" E fue necessaria cosa che l'uomo
soprastesse al coltivamento della terra,
imperò che la terra è madre di tutte le cose "
( Jacopo da Cessole, Libro de' costumi, XIV sec )
Il marrone è il colore della terra, che si lega indissolubilmente alle polivalenti e ricche manifestazioni della Madre terra. Per comprenderne appieno il significato della terra è utile distinguere l’aspetto cosmico da quello più propriamente tellurico (M. Elide, 1976). In quanto soggetto cosmico, in numerose mitologie la terra è l’originaria sposa del cielo, dalle cui "nozze sacre" (hieròs gàmos) nasce tutto il creato: nella cosmogonia Inca, ad esempio, il mondo ha inizio dall’unione tra Pachamama, Madre Terra e il dio del cielo Pachacamac, così come nello Yi ching, la terra viene rappresentata dall’esagramma k’un, il ricettivo, quale perfezione passiva che riceve l’azione del principio attivo ch’ien. Come in queste, così in molte altre narrazione, la terra è il soggetto femminile e passivo dell’accoppiamento poiché nella sua accezione di elemento cosmico, essa è madre nel senso che è ricettacolo di esistenze, luogo in cui le esistenze stesse vengono collocate: non genera la vita, ma la riceve. Con l’avvento dell’agricoltura, invece, oltre al suo significato cosmico, la terra acquisisce anche quello più propriamente tellurico: non più unicamente ricettacolo di esistenze, ma diventa essa stessa elemento fecondo che produce e fa crescere esistenze dentro di sé:" L'esperienza fondamentale che riconosce nella madre la semplice rappresentante della Grande Madre tellurica ha dato origine a usanze innumerevoli. Ricordiamo, per esempio, il parto per terra (la "humi positio"), un rituale che si incontra spesso, dall'Australia alla Cina, dall'Africa all'America del Sud. Presso i Greci e i Romani l'usanza era scomparsa in età storica, ma non vi è dubbio che fosse esistita in un passato più lontano: certe statue di dee della nascita (Eileithyia, Damia, Auxeia) vengono rappresentate in ginocchio, nella posizione esatta della donna che partorisce direttamente sulla terra [..] Il senso religioso di questa usanza è intuitivo: il parto è la versione microcosmica di un atto esemplare compiuto dalla terra, e ogni madre umana non fa che imitare e ripetere l'atto primordiale della comparsa della vita nel grembo della terra: di conseguenza, ogni madre deve trovarsi in contatto diretto con la Grande Genitrice, per lasciarsi guidare da lei nel compimento di quel mistero che è la nascita di una vita, per riceverne le energie benefiche e trovarvi la protezione materna. Ancor più diffusa è l'usanza di deporre il neonato per terra. In Abruzzo è ancora praticata l'usanza di posare per terra il neonato appena lavato e fasciato. " (M. Eliade, 1977)
Dunque, i significati positivi presenti nel colore si riferiscono in gran parte alla Madre Terra accogliente e ricettiva, e a tutte le connesse sfaccettature di fecondità, crescita, maturazione sino ad arrivare a vissuti di conforto e consolazione. Ragione per cui, la terra non è solo il grembo germinativo dell’esistenza, ma è anche il grembo cui ogni esistenza fa ritorno, poiché dalla Madre Terra la vita nasce e in essa muore, come evidenzia questo rituale funerario induista:
“ Ricevilo, Terra, accoglilo.
Coprilo con un lembo della tua veste
come una madre che protegge il figlio ”
(Rig veda, Grhyasutra, 4, 1)
oppure in culture e tradizione più vicine alla nostra:
“ Prostrandosi al suolo, Giobbe esclama:
Nudo uscii dal ventre di mia madre e nudo là tornerò”
(Giobbe, 1:1-22)
Se nelle sue tonalità calde, il marrone si connette alla terra dispensatrice di frutti, al grembo portatore di vita, accogliente, caldo e confortevole, risulta non è estraneo a questo contesto anche un certo sapore erotizzato, poiché il rapporto con la madre-buona, nutrice e riscaldante, è sempre carico di eros: nella cultura giapponese, ad esempio, il marrone è anche il colore della seduzione, il principale colore dello Iki, ideale estetico talvolta tradotto con i termini chic, romantico e raffinato.
Mentre le infinite altezze del cielo richiamano lo spirito, alla terra, con la sua superficie solida e tangibile, corrisponde anche una realtà più concreta dell’esistenza, il corpo fisico materiale: " Il marrone è legato alla corporeità; corrisponde alla sensazione piacevole di una soddisfazione corporale sensoriale " (M. Di Renzo, 1998). Quest’ultimo significato si accresce ulteriormente, considerando come il marrone sia anche il colore di un prodotto del corpo elaborato e digerito, il colore delle feci, che “da una parte è disprezzato e gettato via in quanto sporco e ripugnante, mentre dall’altra è considerato di pregio come l’oro, poiché è il miglior concime per favorire la crescita” (J. Jacobi). Per gli Aztechi, ad esempio, il peccato era associato agli escrementi, e la dea Tlazolteotl (la dea della terra) veniva definita "divoratrice di lordure" poiché faceva visita alle persone che in punto di morte le confessavano i propri peccati. Di convesso, nella mitologia indù, Shri era la divinità che presiedeva alla fortuna e alla prosperità, conosciuta con uno dei suoi epiteti come Karisin, colei che abbonda in letame.Ma la figura della Grande Madre porta sempre con se i due aspetti contrapposti della madre e della matrigna, della fata e della strega, della madre buona e di quella cattiva, distruttrice e salvatrice. Nelle sue tonalità più fredde, allora, il marrone si connette alla terra-matrigna, alla nuda terra sterile, arida, avara e disseccata, alla terra che non nutre ma che produce fame e sofferenza. Per tali ragioni, nell’Antica Roma, la toga utilizzata dalla classi più povere e dalle persone accusate in tribunale era la marrone "toga sordida" (dal latino sordidus, sudiciume ), così come dello stesso colore appariva il saio dei servi della gleba, dei mendicanti e di tutti quelli che si umiliavano nella sofferenza e nella povertà. Ma anche di tutti quelli che avevano fatto della povertà e semplicità della nuda terra lo scopo di una vita, come San Francesco, il cui saio marrone esprimeva la forte dissonanza da una chiesa ricca e piena di splendore:" Alleluia, Francesco, povero e umile, entra ricco nel cielo, onorato con inni celesti " (Canto del Vangelo).
Il Dott. Luca Coladarci è Psicologo-Psicoterapeuta a Roma, zona San Giovanni, Re di Roma, Piazza Lodi, Pigneto, Tuscolana, Appia Nuova. E' esperto di Ansia, Depressione, Attacchi di Panico, Disturbi Alimentari (Anoressia e Bulimia), Disturbi Sessuali Maschili e Femminili, Cefalee, Stress, Relazioni, Amore e Vita di Coppia, Dipendenza Affettiva, Elaborazione del Lutto, Dipendenza Da Gioco D'Azzardo, Bullismo, Disagi Relazionali, Mobbing e di tutte quelle situazioni esistenziali che tendono a bloccare il libero fluire della vita.
" In forma dunque di candida Rosa
mi si mostrava la Milizia Santa
che nel suo sangue Cristo fece sposa;
[…]
Le facce tutte avean di fiamma viva,
e l’ali d’oro, e l’altro tanto bianco,
che nulla neve a quel termine arriva. "
(Dante, Paradiso, XXXi canto)
Numerosi vissuti psicologici del bianco trovano la loro spiegazione nella luminosità dell’alba e nel chiarore lunare, all’inizio e alla fine della vita diurna. Per tale ragione, nella colorazione dei punti cardinali, in numerose popolazioni esso è il colore dell’Est o dell’Ovest, i luoghi, cioè, dove ogni giorno nasce e muore il sole. Secondo un’antica e radicata convinzione, dunque, nel primo caso il bianco viene esperito come somma di tutti i colori, nel secondo come totale assenza degli stessi.
Il bianco dell’est è quello dell’alba in cui appare la volta celeste, ancora priva di colori ma ricca di potenzialità. Sommando in sé tutte le altre tonalità, un simile bianco diviene colore della totalità e dell’assoluto, che lo rende intrinsecamente partecipe all’immagine del divino e alle rappresentazioni del trascendente: “ Il bianco non è colore di questo o di quell’altro aspetto del divino; è il colore stesso delle divinità ” (C. Widmann, 2000). Nella mitologa slava, ad esempio, troviamo Byelobog (dio bianco), nei territori delle popolazioni africane Bumba, la candida divinità creatrice, oppure Faro, il cui corpo splende "di albino e di rame" mentre nell’Antico Testamento, Daniele descrive con le parole che seguono la visione di Yahweh, l’Antico di Giorni:
“L’Antico di giorni si assise.
La sue veste era candida come la neve
e i capelli del suo capo erano candidi come la lana pura”
(Libro di Daniele (7:9) )
Dello stesso colore, inoltre, sono le vesti del papa cristiano, dei brahamani indùisti, degli antichi druidi celti, degli athornan parsi o dei Mani egiziani. In termini prettamente psicologici, dunque, il bianco, in quanto colore dell’interezza e delle divinità assolute, si presta in modo pregnante ad esprimere il Sé, l’uomo totale, l’individuo realizzato nella sua totalità, in quanto Sé e Dio, come scrive Carl Gustav Jung, " sono strettamente collegati; il che non significa che io creda che Dio è il Sé o che il Sé sia Dio. Affermo semplicemente che tra di essi esiste una relazione psicologica." (W. McGuire, R.F.C. Hull). A questo punto è importante specificare che del Sé come totalità psichica deve essere sottolineata la sua natura complessa e paradossale, poiché "esso può essere descritto solo in forma di antinomia, perché in quanto totalità, deve per definizione includere gli aspetti chiari e oscuri" (Jung, 1986). Quindi il Sé come espressione di completezza, che non equivale alla perfezione. Ma per l’adesione dell’Io ai valori della coscienza, della civilizzazione e dell’approvazione morale, il bianco viene a rappresentare soprattutto la perfezione divina, intesa come summum bonum: "Il colore bianco fu dapprima simbolo dell’unità divina; più tardi esso designò il principio buono che lottava contro il cattivo" (F. Portal). In quest’ottica, allora, esso diviene il colore della purezza, del candore, della potenza benevola e protettrice, della magia bianca che lotta contro le potenze maligne della magia nera, del sacro fiore di loto. Se il nero è il colore notturno e di tenebra, il bianco deve il suo effetto psichico positivo poiché è orientato verso il diurno e il chiarore, esprimendo in tal modo il colore delle grandi divinità della luce (proprio dalla radice div, risplendere, nelle lingue indo-germaniche si è sviluppato il concetto di divinum, il divino). Questo bianco solare, quindi, diviene rappresentazione della rivelazione, della grazia, della coscienza diurna illuminata, avvicinandosi al giallo dell’oro e spiegando in tal modo l’accostamento dei due colori sulla bandiera del Vaticano (Chevalier, Gheerbrant).
Inversamente al riconosciuto valore luminoso del bianco (albus, candidus, niveus), di quest’ultimo si affianca anche un opposto pallore opaco, livido, evanescente, il pallidus latino. E’ questo il bianco dell’Ovest che porta all’assenza, al vuoto notturno, alla scomparsa della coscienza e dei colori diurni, il bianco opaco della morte che assorbe l’essere e lo introduce nel mondo lunare. Per gli aztechi, ad esempio, il bianco era l’Ovest, la morte, così come colore di lutto lo è in Africa, in Asia e in alcuni territori slavi. Il bianco funerario, però, sembra spesso evolvere verso gli aspetti eterei e vivificatori della morte, a differenza del nero che ne esprime soprattutto gli aspetti più ctoni e mortifireri. Infatti, anche quando è colore della morte, il bianco può rimandare al nuovo inizio o al ricongiungimento con la luce divina, poiché anche quest’ultima "è figurazione simbolica che si addice notoriamente al pensiero della morte come realizzazione estrema di totalità" (Jung, 1986). Dunque, se nel tema della morte i significati del nero alludono alla fine, quelli del bianco sembrano riferirsi maggiormente alla resurrezione e alla rinascita: " E’ il lutto del Re e degli Dei che necessariamente rinasceranno: il Rè è morto, viva il Rè! Ben corrisponde alla corte di Francia, dove il lutto si portava con il bianco " (Chevalier, Gheerbrant, 1997).
Il bianco, inoltre, come da un lato sottolinea tutto ciò che è chiaro, buono, puro ed innocente, d’altro, quale assenza di colore, può significare anche la mancanza di vita, di sentimento, il vuoto, la solitudine e la sventura. Come assenza di colore, dunque, esso può anche essere la tinta delle apparizioni, degli spiriti o dei fantasmi, come il re germanico Alberico (detto Il Bianco) oppure Ciuateteo, pallidi spettri della mitologia azteca. Infine, il bianco vivificante dell’alba e quello mortifero lunare, diviene un colore privilegiato per tutti quei riti iniziatici, che seguono il classico schema di morte e rinascita: nell’antica Roma, bianco era l’abito del candidato, di chi cioè stava per mutare condizione, e bianche sono tuttora le vesti associate a riti di passaggio come il battesimo, la comunione o il matrimonio.
Il Dott. Luca Coladarci è Psicologo-Psicoterapeuta a Roma, zona San Giovanni, Re di Roma, Pigneto, Tuscolana, Piazza Lodi, Appia Nuova. E' esperto di Attacchi di Panico, Ansia, Depressione, Stress, Disturbi Alimentari (Anoressia e Bulimia), Disturbi Sessuali Maschili e Femminili, Relazioni, Amore e Vita di Coppia, Dipendenza Affettiva, Dipendenza Da Gioco D'Azzardo, Elaborazione Del Lutto, Bullismo, Cefalee, Mobbing, Disagi Relazionali e di tutte quelle situazioni esistenziali che tendono a limitare il libero fluire della vita.
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